II.
Mancavano trenta minuti e la corsa ai dolci sarebbe iniziata come ogni, prima domenica del mese. Erano le nove e mezza ed il piccolo Joeff stava tranquillamente camminando per una perpendicolare di Flything Street. I suoi soliti calzoncini marroni con bretelle, e camicia bianca, vestivano il ragazzo con una trasandata e strana eleganza da piccolo borghese. Ogni tanto sbirciava in qualche finestra per potersi specchiare, e come di solito drizzava la piccola bombetta beije che aveva su quella ispida chioma rossa… Il suo, era uno dei sorrisi più raggianti di tutta Gardenbleed Street. Aveva un volto solare, dei piccoli occhietti azzurri, delle labbra carnose, la pelle chiarissima, dei capelli rossi e centinaia e centinaia di lentiggini.
Il suo passo era svelto ed impaziente, la corsa ai dolci sarebbe iniziata di lì a poco nella grande piazza che univa le due vie, ad angolo per la vecchia Chervist Church.
Stranamente quella mattina faceva caldo ed un bel sole faceva capolino al di là della zona industriale, imperiosa, nuova e brillante. I manifesti dicevano avrebbe dato lavoro a tutta la città, al quartiere Flything, ed al quartiere di Gardenbleed. La gente era felice dell’apertura della nuova fabbrica, mentre i Folks come al solito erano contrari. Dicevano sarebbe divenuto uno sfrenato campo di concentramento dove i ricchi avrebbero schiavizzato la popolazione affamata, ma purtroppo l’entusiasmo era troppo per sentire le ‘’chiacchiere’’ dei Folks.
Già un odore di zucchero filato e vaniglia stava percorrendo la strada danzando intorno alla statua dell’Orologio degli Ingegneri al centro della piazza.
Urla, applausi, risate, passi veloci, scoppiettii di ogni genere… Centinaia di persone si erano radunate lì. La prima domenica del mese era un evento unico e raro. Tutti si riunivano lì per la famosa Corsa ai Dolci… Una vecchia ed antica tradizione dei popoli Steam dei primi anni trenta dopo Ventura. Essi erano soliti riunirsi, un giorno al mese, in una piazza, una casa, un accampamento… Solamente per scambiarsi a vicenda tanti piccoli dolci, ed anche perché… Un cittadino, scelto dal comitato di quartiere, incaricato di travestirsi dal Generale Ventura, a caso, sarebbe andato in giro con un sacco legato alla testa pieno di dolci. Lo scopo era quello, e questo gioco alla fin fine era riservato ai più piccoli, di prendere e rubare il sacco.
Facilissimo sarebbe stato, se il Generale Ventura fosse stato un semplice uomo… Peccato che Ventura non lo fosse, ma fosse un automa alto tre, quattro metri, e più veloce di un essere umano. Ogni mese ovviamente, il cittadino travestito era incaricato, dopo un determinato tempo, di perdere… Perdere nel vero senso della parola. Era sì una farsa, ma comunque divertente per i piccoli della città.
Joeff aspettava impaziente dinanzi alle porte della Chiesa di Chervist. Non era interessato alle miriadi di bancarelle intorno a lui… Lui, era lì. Ma solo ed esclusivamente per i dolci. Joeff era povero, non aveva la possibilità di comprare, né per sé, né per la sua famiglia dei dolci, e la prima domenica del mese era la sua unica opportunità di portare un po’ di allegria a casa, dal fratello malato, e dalla madre, dopo la morte del padre nella vecchia fabbrica in centro.
Uno squillo di trombe interruppe il brusio ed il movimento in piazza. Dei passi rumorosi, pesanti…
L’automa stava muovendosi all’interno della chiesa… Di lì a pochi secondi sarebbe comparso. Gli occhi brillanti della gente attendevano impazienti mentre il grasso banditore guardava sorridendo il grande portone…
La terra tremò per qualche istante e tutti risero felici ed emozionati.
Un boato. La porta scattò in avanti aprendosi velocemente. Una valanga di coriandoli cascarono sul colosso dorato che subito ed in velocità partì iniziando a percorrere, il Vicolo Corto. La gente ed il banditore lo guardarono straniti. Tutti sapevano quale fosse il percorso prestabilito per l’automa, e sapevano anche che non si trattava di quello. L’automa dorato dalla testa di satiro, camminava barcollando…
Tutti i bambini partirono in velocità lanciandosi dietro al gigante. Gli adulti con un po’ di spavento li lasciarono andare, ma quando videro il gigante ondeggiare pericolosamente iniziarono a gridare i nomi dei propri figli a squarciagola. Tutti i bambini si fermarono di scatto, capendo e notando la stranezza nel gigante… Joeff no.
La sua famiglia era a casa, e nessuno chiamò il suo nome, tranne il panettiere Berry, nonché suo vicino di casa. Il ragazzo dai capelli rossi però non si fermò… Corse più che potè mentre la gente alle sue spalle si limitava a gridare sdegnata e inorridita da quello che sarebbe potuto succedere. Quelle urla impaurite… sembravano di incitamento al ragazzo che a grandi falcate arrivò vicinissimo a Ventura.
- Fermati!-
Urlò più volte con scarsi risultati, il gigante continuò a correre sbattendo ora a destra e a manca sulle case in bronzo e mattoni battuti. Qualche caminetto cadde, e la paura intanto cresceva nei cuori degli spettatori che da lontano gustavano la scena, come un branco di maiali che godono nel veder morire uno della loro specie. Il banditore non parlò, non chiamò nessuno… Nemmeno il servizio di polizia mosse un dito… Il tutto era troppo strano.
Un gruppo di uomini non troppo lontani da Joeff notarono l’evento insolito.
Sussurrarono delle parole strane. Joeff li vide… Erano strani per lui… Abiti sgargianti… Gli ricordavano qualcosa…
- Folks!- Urlò il ragazzo.
Distrazione fatale.
Il piccolo inciampò finendo per terra e sbucciandosi un ginocchio. Ventura, l’automa stridette e dei fiumi di vapore iniziarono a fuoriuscire dalla sua testa. Le mani portate alla testa come se stesse soffrendo… Attimi di silenzio… L’automa perse l’equilibrio anch’egli… La fortuna non fu di parte quella volta.
La vittima sarebbe stato il piccolo se nessuno fosse intervenuto.
Un ragazzo dai capelli biondi… Legati in una coda alta. Degli occhiali da vista rotondi, degli occhi verde azzurro… Si staccò da quel gruppo lanciandosi verso il ragazzo.
- John! – Urlò una seconda figura dalla pelle scura, ma l’amico era già lontano.
Secondi interminabili.
La schiena dell’automa stava per schiacciare Joeff che in un istante chiuse gli occhi stringendo i denti… Una reazione spontanea… Eppure prettamente inutile…
Un boato… Migliaia di ingranaggi volarono ovunque. La gente dalla piazza intanto era accorsa.
Un grande polverone…
Joeff riaprì gli occhi e quello che vide fu singolare e spettacolare.
Il braccio del ragazzo biondo era divenuto enorme e meccanico, e con un solo pugno aveva distrutto quella grande macchina.
La polvere si diradò e tutti accorsero, anche il gruppo di Folks di cui faceva parte il ragazzo dai capelli dorati, di nome John.
Un sospiro di sollievo da parte di tutti. Il panettiere Berry saltò sul piccolo abbracciandolo e rivolgendosi a John sussurrò quasi.
- Grazie mille…-
John sorrise al vecchio uomo piegato sotto di lui.
Un urlo.
-Polizia!- Il banditore urlò più volte. – Prendete quei Folks! Hanno tentato di uccidere il piccolo presto! –
Tutti straniti si voltarono verso il banditore. La polizia iniziò a correre verso quel gruppo di persone. Fu allora che il più alto, l’uomo dalla pelle scura si staccò dal gruppo. Mise una mano sulla spalla di John.
- Scappate, vi copro io…- Quasi sbuffando rivolto all’amico.
- Grazie… Come al solito Will… - John sorrise e fuggì per un vicolo con il resto del gruppo.
Il moro indurì le braccia. Urlò più volte. Il suo corpo iniziò a gonfiarsi ed i suoi pugni sbatterono violentemente per terra. La terra tremò ed un muro di mattoni alto venti metri si alzò. Comparve quasi dal nulla. Una barriera invalicabile per polizia e chiunque altro.
John, Will e gli altri Folks, all’incirca altri tre o quattro, fuggirono per un piccolo vicolo che scendeva sempre più in basso verso le fogne. Grandi scaloni conducevano ai grandi bacini di approvvigionamento, una strada che i cinque fecero di corsa, sorridendo e strattonandosi come dei bambini. Corsero a lungo, imboccarono qualche via sotterranea fino ad arrivare ad una piccola casa, quasi nelle fogne… Sotto la Drogheria Steam789, sempre in Flything Street.
Dietro la piccola casa una grande scala a chiocciola sembrava portare in superficie, proprio all’interno del negozio di spezie.
I ragazzi si fermarono davanti a quella piccola dimora. Era vecchia ed antica. Una delle poche costruite in mattoni e cemento con della rigogliosa e verde grigia edere rampicante, per tutta una parete. Delle piccole finestre a ribalta, una bella porta in legno, ed un tetto spiovente con splendide tegole bordeaux, interrotte da un altrettanto piccolo camino da cui dei leggeri sbuffi biancastri fuoriuscivano timidi.
Erano cinque. Uno diverso dall’altro. Particolari del resto. Venivano considerati quasi degli zingari, ma non avevano mai fatto del male a nessuno e non ne avevano assolutamente intenzione. Erano Folks… Loro non erano come quella feccia degli Ingegneri dei piani alti.
La porta ad un tratto scricchiolò e si aprì lentamente. Il gruppo osservò in silenzio ed il moro in disparte sbuffò.
Una donna anziana, sulla ottantina, aprì la porta. Avanzò… I suoi occhi semichiusi e strizzati quasi dall’età. La schiena curva, una piccola bocca con pochi denti ed un bastone sotto una mano. Un grande vestito celeste e bianco, con una grande gonna rigonfia. I capelli bianchi legati in una crocchia alta… Un piccolo sorriso. Un piccolo sospiro verso i ragazzi.
- Buongiorno madre! – John si avvicinò alla vecchia signora baciandole la guancia e sorridendo. – Come state?-
La vecchia carezzò il volto giovane e glabro del ragazzo biondo, scostandolo col bastone.
- John…- Sospirò. Poi voltandosi verso un altro. – Mark... – Mark era un ragazzo non molto alto, con i capelli rossi, un volto molto magro, dei grandi occhialoni a più lenti, che portava sempre… Anch’egli era uno dei Folks. Era un tipo timido e taciturno. Infatti si limitò a divaricare leggermente le labbra in un accennato sorriso, per poi ritornare a guardare per terra.
- Silfer… - Continuò l’anziana signora spostando lo sguardo verso un altro Folks. Questi era diverso. Aveva dei lunghissimi capelli argentati e degli occhi bianchi come il latte. Portava sempre un lungo cappotto fin sotto le ginocchia, ed una lunga spada legata per un fianco.
Fece un leggero inchino.
- Buongiorno madre… - Proferì per poi posare una mano sull’elsa a mò di riposo.
Il giro non era terminato e le iridi si scostarono stavolta su di un altro.
- Martin… - Martin era un tipo strano, non che gli altri non lo fossero in effetti. Era basso e grasso, tracagnotto del resto… Gli piaceva mangiare moltissimo, segno, le innumerevoli macchie di residui di cibo sul bavero della camicia.
Aveva i capelli corti e castani gettati ai lati. Gli occhi scuri ed un perenne sorriso stampato in faccia.
- Mamma! – Esclamò di tutta risposta alla vecchia.
Poi fu il turno di un certo Alex.
Egli si potrebbe definire un tipo davvero singolare, più che strano. Il suo volto, come tutto il resto del corpo era interamente ricoperto da congegni ad ingranaggi scoperti. Ed inoltre aveva un braccio interamente meccanico. Li chiamavano Automade. Erano delle vere e proprie protesi funzionanti come un normalissimo arto. Si limitò a salutare.
Poi venne il turno del moro. Era poco più lontano dagli altri, e alla pronuncia del suo nome si avvicinò al gruppo.
Aveva i capelli lunghi come John, ma scuri come la pece. Una pelle scurissima ed era molto alto, sopra gli uno e ottanta sicuramente.
- Buongiorno madre…- Disse per poi entrare in casa.
A quel gesto la signora sospirò.
- Il vostro baccano si sente fino alla sede dell’Ingenium… - Un rimprovero bonario. Una voce stanca, un respiro, ormai segnati dai giorni, e dagli attimi della clessidra del tempo, andati. – Entrate in casa… C’è dell’ottimo Rosbif e del tè caldo…-
Tutti entrarono in casa seguiti dalla donna.
Sul fatto che fossero fratelli, figli di quella stessa donna, era molto improbabile, ma per lo più i Folks erano orfani, chi per nascita e chi perché lo diventava non appena si veniva a sapere della loro vera essenza. Erano insieme e insieme avrebbero vissuti se non fosse stato per…
Tutti si sedettero a tavola. La sala da pranzo era piccola e straripante di roba…Libri, pentole, cibo ovunque… Un disordine raccapricciante, ai quali però tutti erano abituati. La donna era sola e nessuno dei cinque si sarebbe mai capacitato, nemmeno di pensare, di mettere a posto quella casa. Ma a nessuno di loro dava fastidio e così la casa era rimasta abbandonata a sé stessa per molto tempo.
John fu il primo a sedersi ma gli altri fecero subito altrettanto. Davanti ad ognuno era stato posto dalla vecchia signora, un piatto con delle fette di pancetta, e rosbif, e delle uova al tegamino. Il tè fu portato dopo.
John sciolse i capelli e si lanciò subito sulla portata. Gli altri come da rito lo seguirono a ruota. Il moro William non mangiò e sedette lontano dagli altri preoccupato. La donna anziana sospirò e non appena ebbero finito tossì per schiarire la voce.
Tutti sollevarono lo sguardo e la osservarono straniti, quasi.
Parlò.
- Il tempo è passato... E’ giunto... Per me e per voi miei figlioli... -
Il ragazzo biondo la osservò titubante. La donna lo notò e gli sorrise. Poi proseguì.
- Oggi vi saranno assegnati i Futuri...-
Un brusio venne in tutta la stanza. Tutti si guardarono attorno. Chi spaventato chi incuriosito. Il ragazzo dalla pelle scura s’alzò posando una mano sulla spalla della madre. Un cenno col capo e proseguì lui nel parlare.
- Non sembra passato un nulla da quando ci ritrovammo tutti e cinque sotto questo tetto... Sicuramente ricorderete... Chi più chi meno... Quella sera pioveva...-
- No!- Obbiettò John con gli occhi lucidi. Gli altri sobbalzarono a quello scatto. - Non oggi! Non può essere!-
L’anziana fece per aprir bocca ma Will la precedette.
- Calma John... Calma... - Il ragazzo prese da uno scaffale una piccola bombetta nera colma di piccoli bigliettini ripiegati, vecchi e logori… Leggermente ingialliti.
- Volenti o nolenti oggi ognuno di voi pescherà da questo cappello un biglietto… Su ognuno di essi vi è scritta una destinazione…-
Nuovamente fu interrotto dal ragazzo biondo mentre Martin era già scoppiato in lacrime e aveva nascosto il volto dietro la spalla di Silfer.
- So a cosa servono quei foglietti! – L’urlo echeggiò fin fuori la casa… Degli uccelli scoppiarono in volo, quasi spaventati.
- Pesca allora!- Di tutta risposta il gigante.
John calò la mano, e così a turno fecero tutti quanti.
Ognuno spiegò il biglietto e ne lesse il contenuto.
- Palopula… - disse Mark osservando la donna.
- Palopula… La grande Cascata… - Spiegò e sorrise al proprio “figlio”. – E’ un bel posto… Pacifico… Dedito allo studio e alla meditazione…-
Il ragazzo chinò il capo.
- Gruda Sin…- lesse Alex. La donna non fece in tempo a parlare che la precedette. – La città errante… Meta di tutti gli inventori…-
Anch’egli chinò il capo tirando un sospiro di sollievo.
Martin non smise un istante di piangere e tremare, e mentre Silfer gli carezzava la spalla, dispiegò il foglietto e lo lesse. I suoi occhi color del latte brillarono quasi.
- Gear Wave Land… - Sussurrò leggero.
John stufo dell’attesa aprì anch’egli il suo biglietto e presto parlò sgomentato. Sgranò gli occhi.
La voce uscì balbettando.
- Merchalin… - Le sue iridi scattarono sul gigante. Sulla madre e poi su Martin che urlò più volte poi… uno scatto… uscì fuori sbattendo la porta…
Il suo pezzo di carta cadde e Silfer lo raccolse. Tutti osservarono il moro e John urlò.
Un respiro e le parole fuoriuscirono come un fiume in piena.
- No Will! Chiedo di poter cambiare con Martin! –
La donna osservò John e Will, e quest’ultimo disse.
- Mi dispiace John…- Fu interrotto nuovamente. Ma stavolta non fu nessuno dei ragazzi.
La vecchia annuì…
- Allora John… Sarai tu ad andare a Warlied… -
Tutti lo osservarono preoccupati… Chinò il capo anche lui…

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