STEAM 800
I.
“C'è uno spacco nel mondo come un grande fosso nero e le fecce del mondo lo abitano E la sua morale non ha valore come lo sputo di un maiale ed il suo nome è Londra. Al di sopra di questa spaccatura siedono pochi privilegiati che deridono le fecce dello zoo inferiore, tramutando la bellezza in sporcizia e avidità…
Anch'io ho visto il mondo e le sue bellezze. Per la crudeltà dell'uomo è meraviglioso come il Perù. Ma non c'è posto come Londra!”
Una lussuriosa e muta nebbia avvolge Flything Street. Calibri di odori macabri e vili. Un altalenare di vizi e virtù imperla il ruvido e umido mattonato irregolare. Verde e grigio. Scurito da residui di grezzo carbone e polvere di locomotive. Fiumi d’alcool tra i cerchi concentrici della strada, quasi disegnati da un Fockis torturato per altri dieci anni. Sangue… Fumi… Odori d’oppiacee sensazioni cieche al martello del potente padrone della città… e dei suoi maiali e cani che ogni giorno vanno contendendosi un lurido e nero pezzo di carne cancrenosa e ammuffita. Echeggiano i passi in direzione della Chervist Church. Cani affamati…
Maiali in cerca di redenzione… Assassini in cerca di arbitrari asili quando le suppliche arrivano prima delle preghiere. Ad ogni passo, turbine montate ormai sopr’ogni dove scoppiettano lingue di vapore e fischi di teiere impazzite e febbricitanti.
Suono di stivali mentre le case a schiera, quasi curve verso la strada incorniciano il passare della gente… Gente… Pochi avevano ormai il coraggio d’uscir di casa. La fame era molto… Troppa… come del resto la malattia… e per questo John si stava chiedendo che ci facesse a camminare proprio lì in quel posto…
Sì… c’era nato. Ma era riuscito a scavalcare le mura di un’alta società stringata da frivolezze e denaro. La libertà l’aveva conquistata… L’aveva vinta… nel vero senso della parola. Aveva giocato, scommesso, pazientato e vinto la chiave per liberarsi dalle sue catene. Ma non aveva fatto la fine di tutti gli altri. Non era diventato uno stupido ingranaggio arrugginito di quell’altrettanto stupido ed immenso orologio. Era riuscito a creare se stesso… Venivano chiamati Folks e nessuno osava mai parlarne. Ma alla fin fine eran uomini normali… Inventori, scienziati, letterati, poeti, artisti… Una gamma assortita di gente, ma con particolarità comuni. Essenzialmente due.
L’intelligenza li distingueva dalle valanghe di mercenaria stupidità che ormai da tempo stava corrompendo gli uomini… Avevano studiato e quando la vita aveva giocato con loro, loro avevano risposto guadagnandosi la libertà… Non che non fosse stata sudata…Anzi…
E poi…
La chiamavano STEAMKEY… La chiave… Loro la possedevano ma sfortunatamente nessuno sapeva cosa fosse… Nemmeno loro stessi ne erano consapevoli…
Cosa fosse questa chiave… Beh molti ne erano allo scuro, e proprio per questo venivano emarginati.
“L’uomo teme ciò che non conosce…” Si ripeteva sempre John, mentre proseguiva l’ondeggiare di Flything Street… Flything… Nome più appropriato non vi era. Case cupe di media altezza, ricoperte da edere e rampicanti fuligginosi e imperlati da varie e nere polveri, provenienti dalle ciminiere della zona industriale poco distante, una via asimmetrica. Sì… un vero e proprio ondeggiare irregolare ed imperfetto. Ma si arriva al dunque. Flything… Una cosa che vola… Erano varie, strane e più di una, nessuno sapeva cosa fossero e nessuno ne sapeva l’utilità e lo scopo, ma il fatto era che non avevano mai fatto del male a nessuno, in verità non avevano mai fatto niente e basta, e quindi nessuno se ne preoccupava finchè non furono dimenticate totalmente.
Sfere a ingranaggi, leggermente schiacciate, non proprio dei dischi, più bombati del resto. Su per giù delle sfere infine… Le ricordavano ma non erano prettamente tali. Alcune avevano occhi, bocche, orecchi, dita sporadiche e strane parti del corpo, pur sempre meccaniche. Ricoperte da antichi ed arcani simboli simmetrici erano sempre lì, giorno e notte ad osservare l’andirivieni di genti diverse, e tutto quello, che lì, si svolgeva. Non emanavano nessun rumore, si limitavano ad osservare, raramente si avvicinavano alle persone a meno di due metri… Sbuffavano vapore da dei piccoli buchi, che ognuno di questi aveva, disposti in maniera diversa… Un vapore strano però… Pulito, candido, bianco. Non come quelle delle vecchie ciminiere industriali alle spalle del quartiere… Era dovuto semplicemente ad una diversa qualità e tipologia di combustibile… Una variante pure, che solo nella zona nobiliare veniva utilizzata. Così molte volte, queste sfere avevano visto diventare le loro normali giornate in corse contro il tempo, per la salvezza. Molti avevano provato a catturarne una per studiarla, ma gli unici che erano riusciti a tirarne giù una avevano finito per fare un’orrenda scoperta. Al loro interno non vi era nulla se non degli ingranaggi… Normalissimi ingranaggi che spiegavano i motivi per cui quell’aggeggio funzionasse… Nulla riguardante la combustione, e nulla che spiegasse la loro levitazione. Nulla di nulla. Solo una piccola scatola… Presente in tutti quelli catturati, contenente delle piccole pietre… Normalissime pietre. E così tutti le avevano abbandonate al loro andare per poi spegnersi… Perché ovviamente molte di queste sfere “magiche” avevano finito con lo spegnersi… Morire del resto… Tutti erano destinati a morire perfino delle macchine. Ma la cosa affascinante era il loro numero… Sempre lo stesso… Si oscillava sempre su 45, 47, alle volte 38 e alle volte 52… Ma alla fin fine si rimaneva sempre lì. Ma, per gli abitanti di Flything Street, se una cosa non era pericolosa e né fruttuosa, beh… era totalmente inutile. La cosa più importante per loro era la sopravvivenza… Era gente pericolosa sì… Ma allo stesso tempo innoqua… Avevano solo paura e per questo John camminava tranquillo osservando le macchine, che stranamente osavano avvicinarsi un po’ solamente ai Folks. Lui si lasciava osservare… Si fermava ogni tanto e riusciva anche a toccarne qualcuno notando la loro corazza gelata, qualsiasi fosse la temperatura esterna del luogo… De pezzi di ghiaccio fluttuanti quasi… Ma di stranezze ve n’erano a non finire e di certo questa non era una delle più eclatanti.
John era quasi arrivato a destinazione… I suoi passi erano lenti e riflessivi quando quasi d’improvviso si fermò sotto ad un grande lampione ramificato, quasi fosse un albero metallico.
Aveva i capelli biondi, tirati indietro in una coda alta. Degli occhi chiari, oscillanti tra il verde e l’azzurro… Degli occhiali circolari da vista, un viso pulito e giovanile. Un grande cappotto lungo, in pelle marrone, con grandi tasche e con grandi bottoni. Una camicia bianca con dei righini sottili celesti… Abbastanza vecchia, sovrastata da un gilet scuro, lucido dietro la schiena. Dei calzoni con bretelle, visibili da sotto al gilet, e degli stivali in pelle con punta in metallo. Ed infine dei guanti in pelle dello stesso colore della giaccia e di quella piccola borsa che sempre portava a tracolla sulla sinistra, su di una sola spalla.
Riprese a camminare non appena notò dei passi non molto lontani dalla sua figura… Lo stavano pedinando ma non per questo il suo passo cambiò, e nemmeno la sua andatura. Nessuno si sarebbe mai avvicinato ai Folks… Erano in pochi a farlo e quei pochi non osavano metter piede in Flything Street. Non aveva paura e per questo fisso subito la sua meta a pochi metri da lui. Il numero 456 pstm, della via. Era finalmente arrivato dopo una passeggiata durata all’incirca dodici ore. Una porta rattoppata da assi di legno, di tipologie di legno diverse tra loro. Una verniciatura vecchia e strana… Un verde pallido scurito dalla pece dei giorni andati. Era una piccola casetta a due piani, in perfetto stile inglese…. Classica casa a schiera… Belle finestre, clasici tre, quattro scalini prima del tappetino ‘Welcome’… Un classico londinese, quasi quanto il tè.
Un sospiro… L’aria condensa davanti al viso di John quando sente dei sussurri alle sue spalle. Sussurri quasi spaventati. Il ragazzo biondo sorride aggiustandosi gli occhiali sul naso. Bussa due volte e sente le assi scricchiolare macabramente. La porta serrata. Dopo breve un singolare spioncino si apre, all’altezza della testa del protagonista. S puntano degli occhi scuri e neri come l’ebano, contornati da della pelle scurissima. Gli occhi scrutano la prima figura che par rimanere impassibile. Freneticamente guardano intorno.
- John?- La voce dall’altra parte par sussurrare. – Siete davvero voi? –
John sorride nuovamente.
- Non vorrei riempire altri letti della chiesa di WestMirror questa sera… Preferirei entrare, non sono solo. –
Lo spioncino va richiudendosi bruscamente e dall’altra parte si sentono nitidi decine di rumori di serrature e chiavistelli diversi fino ad arrivare ai piedi del ragazzo. La porta si apre velocemente sbattendo verso l’interno. Un enorme figura più alta di un metro ed ottanta si presenta sorridente ma anche un po’ preoccupato…
- Entrate pure John…. Presto? –
John veloce fa dei passi avanti superando l’altro e portandosi nell’ingresso della casa.
- Non me la ricordavo così Londra… Ricordavo Flything Street un po’ strana… Ma… -
Abiti similari a quelli di John se non fosse per i colori. Pantaloni beije, gilet marrone scuro di pelle, come le scarpe…Stivali a punta… E camicia bianca. Un colosso dalla pelle nera con una grande cicatrice più chiara sulla fronte a forma di X, dei lunghi capelli neri legati come quelli dell’altro.
- John… John Keats… - Il gigante si gira ed un abbraccio si apre tra i due.
- Will… William Mchoody…- Di tutta risposta.
- Ne è passato di tempo.- Sussurra Will staccandosi dall’amico, a quanto pare, ed aiutandolo a togliere da dosso il soprabito continua. – Sono passati molti anni… Noi Folks siamo rimasti davvero in pochi ormai… La nobiltà ha conquistato il consenso anche dell’ultima parte dei Senatori… I Nova sono dalla loro parte ora…-
John pareva non capire così si scrollò di dosso tutto, un gesto relativamente inutile, non essendo sporco o ricoperta da nessunissimo alcunché, ma di istinto quasi alle parole dell’altro.
Si diressero allora subito in un’altra stanza… Un piccolo salottino arredato con semplicità. Delle librerie alle pareti, non molto grandi, ma notevolmente datate, come del resto, la polvere ed i libri che vi erano all’interno. Un caminetto… Piccolissimo e lì vicino un tavolino e due poltrone… Classico gusto rustico… Quasi nobiliare… Pavimentazione in mattonato irregolare, ricoperto da dei grandi tappeti rossi… Lo scoppiettare della legna e l’odore di carbone adornava la stanza di una gradevole sensazione di… Casa.
Entrambi presero subito posto sulle rispettive poltrone senza dir nulla.
Le fiamme… Il fuoco, non erano molto per riscaldare tutto il vano, ma fortunatamente a quella distanza, entrambi potevano tranquillamente godere dei benefici del calore.
- Allora? Stavi dicendo? I Nova cosa? – Iniziò John.
- Il Senato ora è completo e gli Ingegneri hanno il via libera… - Le mani del colosso si strinsero preoccupate. I gomiti sulle cosce e le dita incrociate all’altezza delle grandi labbra da moro. Hanno trovato alcuni Folks… Sono stati rilasciati pochi giorni dopo…-
- Come stavano? – Il ragazzo interruppe l’amico lasciando trasparire pietà e preoccupazione.
- Fortunatamente bene… Non riescono ancora a trovare la chiave. Nessuno di loro sa quale sia la nostra rispettiva Steamkey… Abbiamo un vantaggio John…-
- Svantatggio Will… Svantaggio… -
Gli occhi scuri si posarono su quelli color ghiaccio verde. Straniti ed interrogativi, in attesa di risposta.
- Nemmeno noi conosciamo la nostra Steamkey… O meglio… non tutti Will…-

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