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lunedì 26 settembre 2011

Steam800 VI.




VI.


Il rumore dell’acqua era fastidioso ed insistente. Giorno e notte cadeva copiosa, come un assurdo ed instancabile cantare di cicale estive. L’aria lì era pulita, nessuna traccia di vapore, né di combustibili, né di motori, né…. Né di tecnologia europea.
Era un posto strano a sud dell’URSS asiatica, circondata a modi castello da una fitta rete di montagne, altissime, a modi recinzione. Alberi ovunque, ed una strana temperatura ricopriva l’aria. Il sole era forte e picchiava ogni giorno di più, ma il freddo era pungente ed austero, tipico per un ambiente di montagna. Una volta veniva chiamata Tibet quella regione, me che Mark sapesse, quello non era più che un semplice nome, tra tanti altri.
Grandi edifici, torri connesse da palazzine sottili ed irregolari, parevano più rovine che altro. Tetti rossi e spioventi, perfetto stile prima dinastia Tze Tung.
Camminava stanco su di uno scalone che passava sotto la cascata, a sfidarla quasi. L’aria era fresca ed era primo pomeriggio quando finalmente raggiunse la vetta. Dopo circa una mezz’ora aveva iniziato a contare i gradini… Circa millesettantaquatro… Tralasciando quelli già scalati. Scalati, certo. Erano irregolari e alti tra i venticinque ed i trentacinque centimetri.
Affannato la sua vista iniziava a mettere a fuoco tutto ciò si trovasse davanti a lui e fu sorpreso dal trovare a pochi metri da lui un uomo di media altezza, mezz’età, completamente calvo e con gli occhi a mandorla. Aveva delle orecchie enormi e penzolanti, un sorriso stampato in faccia, sereno ed un kimono ondeggiante dall’arancione al rosso.
Gli fece un inchino e Mark scosse la testa rimanendo ad osservare.
Il monaco, almeno questo pareva, gli sorrise nuovamente e senza dire una parola lo invitò a seguirlo.
Mark sbuffò, e si limitò a non parlare, pur soffrendo per i morsi della fame e della sete. Stette zitto ed iniziò a camminare tenendosi a distanza.
Arrivarono davanti ad un grande pesco in fiore, al centro di una piccola piazza, faceva ombra a tutto ciò che vi fosse nel raggio di settanta metri. Il monaco si fermò e gli indicò le radici dell’albero.
Il ragazzo scorse una strana figura a gambe incrociate, gli occhi chiusi e sollevato da terra per un bel po’ di centimetri.
Si fermò a qualche metro ad osservarlo. Questi sospirò.
- Mark… Da Londra, la lontana Europa ha mandato nuovamente qualcuno qui… Mi fa piacere…-
Questo sibilò la figura, del resto molto anziana, con lo stesso kimono del primo, stesse orecchie, e stessa lucentezza della testa… Aveva però sei palline tatuate sulla fronte ed una lunghissima barba bianca, talmente lunga da toccare il terreno con le punte.
Il ragazzo sgranò gli occhi e continuò ad osservarlo.
- So già perché sei qui… Prego dunque… Chiedi…-
Mark sospirò e l’unica cosa che seppe dire, affannato, fu.
- Acqua…-
Il Bonzo aprì gli occhi e sorridendo posò i piedi per terra. Gli sorrise e veloce cadde una pesca dall’albero. Di un rosa pallido, con sfumature arancio. Arrivò precisa tra le mani del bonzo che lento la porse al ragazzo.
- C’è più di quanto pensi in questo piccolo frutto… Prego quindi…-
Mark scettico la afferrò e dopo averla annusata e tastata più volte la addentò con velocità.
Si sorprese nel sentire quel dolce succo passargli intorno alla lingua e giù per la gola, e si sorprese tanto, al punto da guardare per minuti interi, stupito quella piccola pesca.
Dopo aver deglutito il primo boccone si sentì sazio e stranito stava per chiedere all’altro che subito lo interruppe.
- Questi frutti crescono qui da ancor prima della storia scritta… E non si tratta né di magia, né di tecnologia… Ma…-
Un sospiro, un attimo, a cambiar espressione.
- Ti sarà tutto chiaro… Ben presto…-
All’istante Mark fu circondato da una decina di monaci, dei quali non aveva sentito nemmeno un passo… Erano diversi dagli altri due. Portavano tutti i capelli lunghi e legati in lunghe trecce. Avevano dei baffi ricurvi, molto simili ai baroni londinesi e tutti avevano delle strane armi.
Mark fece cadere la pesca per terra.
Sussurrò qualcosa e quelli si scagliarono contro di lui impugnando strette le loro armi.
Il londinese rimase in silenzio e strizzò gli occhi velocemente.
Il suo corpo stava per essere trafitto da varie spade, una freccia e delle lance, quando al momento dell’impatto riaprì gli occhi, e fu curioso vedere quest’ennesimo Folk all’opera.
Il suo corpo divenne intangibile, dalle sfumature verdi, e quasi si riusciva anche a guardargli attraverso.
I dieci si fermarono e si voltarono verso il vecchio dalla lunga barba.
Questi sorrise, mentre Mark rimase impassibile ad osservarlo.
- Bel trucco mio caro Folk… Ma ne ho visti di migliori nei miei anni…-
Il vecchio si fece strada in mezzo a quelle guardie dai capelli lunghi, spogliandosi del suo kimono e lasciandolo legato solo in vita. Il suo corpo era rugoso come un vecchio albero, ma i muscoli, tutti erano in tensione in una maniera spropositata.
Un enorme drago gli avvolgeva il corpo costellato da vari ideogrammi risalenti ai vecchi ed antichi sutra.
- Io sono Wang Jinrei… Il Buddha di questo tempio, che da anni protegge la cascata da voi contaminati europei…-
Veloce assunse la posizione di attacco tipica del Xingyiquan. Mark lo guardò, ma non cambiò espressione e rimase fermo senza dire una parola, senza muovere un muscolo, ancora intangibile. Lo attese, e Wang non si fece attendere.
Subito scattò verso di lui caricando da terra il colpo e scaricandolo in un pugno che andò a colpire Mark all’altezza dello sterno.
Il ragazzo indietreggiò. Pur non avendolo colpito… Anche se il pugno lo aveva superato… Una vibrazione violenta gli arrivò scontrandosi tra le sue tempie. Tossì e si accorse stranito del fatto che aveva iniziato a sputare sangue.
Il suo corpo allora tornò tangibile, ma la sua espressione non cambiò e osservò il vecchio sorridere e ritornare nella stessa posizione di prima.
- L’arte del sutra va oltre la vostra chiave e ben oltre la vostra Steam800… Non potete nulla contro noi Damo! –
Mark leggero ritornò ritto e sospirò leggero.
Si avvicinò al vecchio Wang e prima che lui potesse attaccare gli sfiorò leggermente il corpo con l’indice. Il vecchio scattò e lo colpì con un colpo chiamato San Yi Quan… Il pugno delle tre armonie.
Il ragazzo fu scaraventato lontano, ma pronto si risollevò incredulo agli occhi del bonzo che quasi stanco ritornò nella posizione di prima.
Strizzò gli occhi ed il suo corpo ritornò intangibile con le stesse sfumature di prima.
- Non ti servirà a…-
Prima che il vecchio potesse finire il corpo dell’altro aveva cambiato forma ed era divenuto una copia identica di Wang.
Il monaco sgranò gli occhi e il secondo Wang, impassibile e sicuro si avvicinò. Stessa posizione dell’altro. Era come guardare un incontro allo specchio.
Il Damo iniziò a titubare, e lo si poteva notare dalla sua respirazione irregolare. Arrivò preciso e veloce un Tae mae O da parte del londinese, un colpo a mani aperte mirato al torace dell’altro, tipico del kenpo cinese.
Wang non fu in grado di reagire e indietreggiò di alcuni passi.
I suoi allievi fecero per scattare in avanti, ma il maestro li fermò ritornando in posizione di guardia e poi in posizione di saluto.
Mark riprese la forma di prima e sospirò.
- Non sono di Londra Maestro Wang… Sono di Damopula… -
Tutti sgranarono gli occhi.
- Il mio nome è Mark Sawayama… -
Fece un inchino calmo e lento al quale tutti gli altri si inginocchiarono.
- Sono qui per chiedervi della Steam800…-
Quella parola si spense nel copioso rumore di cascate alle spalle del tempio.
Wang sospirò sorridendo.

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